Malattia di Parkinson: come si manifesta e come trattarla

Lo vediamo con Erika Celegon fisioterapista presso Centro di medicina Mirano

Malattia di Parkinson: come si manifesta e come trattarla

In Italia le persone affette da Parkinson sono circa 250.000; prevalenza della malattia è pari all’1-2% della popolazione sopra i 60 anni e al 3-5% della popolazione sopra gli 85 anni.

È una patologia neurologica degenerativa dovuta al deficit di Dopamina, sostanza che ha la funzione di “trasmettere segnali chimici” i quali attivano o modulano i movimenti. La malattia di Parkinson ha un decorso cronico e progressivo che impone un trattamento rivolto al controllo dei sintomi e della progressività, purtroppo ad oggi non ci sono trattamenti che diano una remissione completa dei sintomi.

Come si manifesta la Malattia di Parkinson?

Il disturbo che più comunemente viene associato alla Malattia di Parkinson è il tremore a riposo, soprattutto alle dita o alle mani. Va detto che il tremore non è sempre sinonimo di Malattia di Parkinson, è sempre bene quindi effettuare una valutazione specifica del tremore attraverso una visita neurologica. Gli altri sintomi di tipo motorio più frequenti sono: bradicinesia, cioè un rallentamento dei movimenti; rigidità muscolare e articolare; alterazione del cammino, che può apparire con passi piccoli e veloci, con una postura flessa in avanti, a volte sono presenti blocchi improvvisi del cammino; alterazioni della coordinazione. Possono essere presenti altri sintomi “non motori” come: disturbi della sensibilità, soprattutto un aumento della sensibilità al dolore; amimia, con questo termine si definisce la perdita di capacità espressiva del volto (mimica facciale); scialorrea, è la perdita di saliva dalla bocca, dovuta al rallentamento della deglutizione da parte della persona; decadimento cognitivo.

Malattia di Parkinson: quali sono le conseguenze?

L’insieme dei disturbi, motori e non motori appena elencati, ha un grande impatto sulla persona colpita dalla Malattia di Parkinson, trovandosi in difficoltà nel continuare a gestire autonomamente tutte le attività della sua vita dal lavarsi al cucinare, dal passeggiare al dedicarsi al proprio hobby. Nelle persone professionalmente attive può ripercuotersi sul lavoro influenzando negativamente la vita lavorativa, sociale e relazionale. Tutti questi elementi vanno a concretizzare l’insorgenza della disabilità con conseguente aumento dello stato depressivo della persona.

Strategie di trattamento per la Malattia di Parkinson

Il trattamento farmacologico è di fondamentale importanza nel contrastare la Malattia di Parkinson, a questo proposito, perché i farmaci possano avere la massima efficacia, è fondamentale educare la persona (e i familiari) alla corretta gestione e precisione nella loro assunzione. Al trattamento farmacologico specifico, si affianca la fisioterapia che ha come obbiettivo finale migliorare la qualità di vita, riducendo la rigidità muscolo-articolare, aumentando la capacità di resistenza allo sforzo fisico, migliorando postura e coordinazione, rallentando il decadimento cognitivo, dando nuove strategie per continuare a gestire in autonomia le attività di vita quotidiana.

Perché è utile la fisioterapia di gruppo?

Risulta di facile intuizione che la fisioterapia di gruppo offre opportunità diverse rispetto al trattamento fisioterapico individuale, andando a coinvolgere non solo la sfera cognitivo-motoria, ma anche quella relazionale, sociale e quindi di impatto emotivo sulla persona.

A livello cognitivo-motorio lavorare in gruppo stimola l’attenzione del soggetto al compito, ma anche all’ambiente e alle altre persone che lo circondano, come per esempio dover regolare la forza, la precisione, il ritmo e velocità di un movimento in base al compagno con cui si sta lavorando. La ricerca della sincronia di movimento tra più persone è un esercizio molto impegnativo.

Molto spesso nei soggetti con Malattia di Parkinson si osserva un peggioramento dei disturbi quando sono in pubblico, una preoccupazione frequente è “cosa penserà la gente che mi vede così?” e questo genera un aumento della rigidità e di tutti gli altri disturbi, provocando a cascata un aumento del disagio, della depressione e relativo isolamento. Far parte di un gruppo, anche se il denominatore comune è la patologia, da a queste persone un senso di appartenenza, offre l’opportunità di condividere aspetti della malattia che altri (familiari, ecc.) difficilmente possono comprendere, in oltre avere un appuntamento costante crea motivazione aiutando a vincere i momenti di inerzia. Condividere le diverse problematiche fa si che ci sia uno scambio di informazioni e di soluzioni.

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