6 Febbraio 2017
Quali lesioni cutanee si possono trattare con il laser a CO2?
Si possono trattare nevi, escrescenze cutanee come i fibromi penduli, cheratosi, condilomi anali e genitali, il cosiddetto “mollusco contagioso”, verruche.
Il laser CO2 consente anche di intervenire in caso di unghia incarnita, con l’asportazione di una piccola parte di unghia (la porzione “incarnita”) e la relativa matrice.
Quali vantaggi offre il laser a CO2?
In modalità iperpulsata, il fascio di luce del laser a CO2 viene emesso in frazioni di tempo infinitesimali e di conseguenza l’energia riesce a disintegrare il tessuto che colpisce, pur utilizzando potenze basse; il processo è talmente rapido e localizzato in un’area minima che il danno termico per i tessuti circostanti è trascurabile. Quindi, in definitiva, è possibile distruggere una lesione con estrema precisione ed efficacia, senza danneggiare i tessuti circostanti.
Questo si traduce in assenza di dolore sulle parti trattate e in una migliore e più rapida capacità di ricrescita dei tessuti, con esiti estetici buoni.
Alla capacità di sezionare e vaporizzare i tessuti, si associa la coagulazione dei capillari sanguigni e questo consente di realizzare interventi privi di sanguinamento.
E quali vantaggi offre rispetto ad altri sistemi di trattamento delle lesioni cutanee?
Rispetto ad altri sistemi di ablazione dei tessuti superficiali, come la crioterapia, la diatermocoalgulazione con il cosiddetto bisturi elettrico o l’applicazione di sostanze chimiche sulla cute, si può certamente affermare che il laser permette di:
È una tecnologia rischiosa?
L’azione del laser si esercita solo sullo strato superficiale dei tessuti trattati. Per agire in profondità bisogna pertanto ripassare più volte sulla medesima superficie cutanea; quindi non c’è assolutamente alcun rischio di lesionare le strutture profonde.
In generale, come funziona un’apparecchiatura laser in chirurgia?
Un’apparecchiatura laser chirurgica è uno strumento in grado di produrre un fascio di energia luminosa e di condurlo in modo che possa essere applicato in maniera controllata sui tessuti umani.
Le emissioni laser possono essere di luce visibile oppure invisibile (queste ultime hanno una lunghezza d’onda nella gamma dell’infrarosso).
La qualità della luce emessa dipende dalla sostanza che viene utilizzata nell’apparecchiatura per produrre il fascio laser. Nel laser a CO2 l’energia fotonica fiene fatta scaturire dal gas anidride carbonica (da qui il nome) e la lunghezza d’onda dell’emissione è di 10.600 nm.
Le moderne apparecchiature permettono di regolare l’emissione del raggio laser secondo diversi parametri: potenza di emissione (cioè la quantità di energia fotonica emessa), modalità di emissione (continua o pulsata), durata della emissione. Agendo su questi parametri l’operatore sceglie l’effetto che vuole ottenere sul tessuto biologico: coagulazione, taglio o vaporizzazione delle cellule.
Su quale principio si basa l’uso del laser in chirurgia?
Il principio su cui si basa l’uso del laser è il trasferimento dell’energia luminosa ai tessuti, dove viene trasformata in energia termica e cinetica. Alcuni tipi di laser hanno una lunghezza d’onda che si converte in energia termica quando colpisce specifiche sostanze. È ad esempio il caso del laser ad Alessandrite, che trasferisce la sua energia soltanto alla melanina ed al pigmento nero, permettendo la distruzione selettiva dei bulbi piliferi, senza danneggiare i tessuti circostanti; questo laser viene infatti utilizzato per l’epilazione permanente.
Come funziona invece il laser a CO2?
Il laser a CO2 emette un’energia luminosa che viene assorbita dall’acqua. Come è noto, tutti i tessuti sono più o meno ricchi di acqua e quindi l’azione di questo laser si manifesta in modo non selettivo su tutti i tessuti. Gli effetti del laser devono quindi essere modulati attraverso la selezione appropriata dei parametri di utilizzo della apparecchiatura.
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